di AMDuemila
Da qualche tempo, dopo l’operazione che lo scorso dicembre aveva portato a 334 arresti che hanno coinvolto ben 11 regioni italiane, il cordone di sicurezza attorno al Procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri, già molto elevato, è stato alzato al massimo livello. Ieri sera è intervenuto alla trasmissione “Otto e Mezzo”, in onda su La7 e diretta da Lilli Gruber, ha evidenziato come ciò sia avvenuto nel momento in cui si sono toccati alcuni gangli del potere: “C’è chi mi pensa, perché abbiamo creato una grande squadra che sta ottenendo qualche risultato in più. Il nostro lavoro dà fastidio non alla mafia degli stracci – ha detto Gratteri – ma alla gente che si trova molto più in alto. Ai poteri forti”. Ospiti della puntata anche Walter Ricciardi, medico e membro dell’esecutivo dell’OMS, e i giornalisti Corrado Formigli e Stefano Zurlo, per parlare dell’emergenza Coronavirus che rappresenta, come aveva già dichiarato giorni fa Gratteri, “una grande occasione per la ‘ndrangheta”. In questo senso, secondo il magistrato calabrese, ci sono due scenari pericolosi ai quali si potrebbe presto andare incontro. Il primo è il rischio usura per gli imprenditori. “Gli ultimi a poter riaprire dopo questa emergenza saranno i ristoratori, gli albergatori, i gestori di cinema e i teatri. – ha spiegato Gratteri – Tutti soggetti che in questo periodo magari hanno contratto debiti e sono in grandi difficoltà. Quindi si presenteranno dall’usuraio ‘ndranghetista che presterà soldi a interessi più bassi rispetto a quelli delle banche per incentivarlo a rivolgersi all’usuraio. Dopo un anno o due di agonia – ha aggiunto il procuratore – l’obiettivo del boss ‘ndranghetista sarà di rilevare tutta l’attività, mettere un prestanome e fare riciclaggio. Quindi noi faremo passi enormi indietro e perderemo pezzi di controllo del territorio perché la ‘ndrangheta diventerà modello vincente e arriverà prima dello Stato”. Il secondo scenario che potrebbe verificarsi è lo sviluppo, nell’immaginario collettivo, di un ruolo del capo mafia capace di “presentarsi come benefattore”. “Per un capo mafia – ha detto Gratteri – dare 1000-2000 euro a persona non rappresenta un problema. Quindi il cittadino vedrà il capo mafia come un benefattore e quando sarà il momento di votare questi e tutta la sua famiglia si ricorderà bene di quei soldi e voterà per i desiderata del capo mafia”. Sul punto la conduttrice ha quindi chiesto a Nicola Gratteri se fosse d’accordo o meno con i bonus economici forniti dal governo anche per chi lavora in nero. “In linea di principio non sono d’accordo – ha risposto Gratteri – Perché in senso lato per decenni si è tollerato il nero, quando bastava fare un lavoro sistematico già due anni fa quando era di moda parlare di caporalato, per rendere non conveniente lavorare in nero”. La questione, infatti, a detta del procuratore della Dda, è proprio la convenienza. “L’aiuto va dato a chi ha bisogno e a chi ha fame ma può essere il Coronavirus l’occasione per raddrizzare tutte queste strutture che ci sono in Italia? Per quale motivo non interveniamo in maniera radicale per non assumere operai in nero? Perché la regola è sempre la stessa – ha aggiunto Gratteri – fino a quando sarà conveniente delinquere si continuerà a farlo. Pertanto – ha spiegato il procuratore – è una questione soprattutto normativa. Non va reso conveniente delinquere”. Inoltre sempre sulla questione bonus e indennizzi Gratteri ha dichiarato che c’è il rischio che non giungano veramente nelle mani di chi è in difficoltà. “Hanno stabilito che questi soldi vengono distribuiti dai comuni. Io ho chiesto che i comuni ci dessero questi elenchi, a noi, carabinieri, polizia e guardia di finanza, per controllarli. Perché non vorremmo che un sindaco faccendiere ‘ndranghetista – ha detto il magistrato – faccia la sua lista mettendo in questo elenco i suoi amici e i suoi elettori al posto dei più poveri. Sarebbe la beffa oltre il danno per chi ha veramente bisogno”.
In ultima analisi nel corso della trasmissione si è affrontato il tema spinoso del sovraffollamento delle carceri che in questo periodo di emergenza sanitaria potrebbero trasformarsi in veri e propri focolai e pertanto, secondo alcuni, andrebbero in parte svuotate (si parla di 6000 detenuti da scarcerare) sull’esempio di altri paesi. “In realtà si sta più sicuri in carcere che fuori. – ha affermato smentendo questa possibilità Gratteri – Lo dicono i numeri. In Italia ci sono 62mila detenuti e i contagiati sono meno di 50”. Inoltre, ha aggiunto il capo della Dda di Catanzaro, “dobbiamo essere più seri con noi stessi”. “Perché si parla ancora di sovraffollamento delle carceri? Io ne sento parlare da prima che entrassi in magistratura. Perché in questi anni non ne sono state fatte di nuove da 5000 posti? A New York c’è un carcere di 18mila posti, a Miami uno da 7000. Per quale motivo il più grande carcere in Italia ha 1400 posti? Quanto ci vuole a costruire 4 carceri?”. In conclusione Gratteri ha brevemente parlato delle rivolte dei detenuti avvenute qualche settimane fa in tutta Italia. “La prima cosa che farei se fossi il ministro della giustizia è mettere degli inibitori di frequenze per telefoni cellulari. – ha affermato il magistrato – Perché è impossibile che lo stesso giorno e alla stessa ora sono iniziate le rivolte nelle carceri distanti anche mille chilometri. Le carceri – ha concluso – sono piene di cellulari e i detenuti comunicano tra di loro”.