Per meglio capire cosa stia accadendo, dopo che Marco Petrini, ha rinunciato al ricorso al Riesame, iniziando a collaborare con i PM, è necessario fare un passo indietro, per recapitare, tramite le intercettazioni riportate dalla stampa ( In questo caso da zoom24 che ringraziamo) quali erano i ruoli carinde del sistema giudiziario corrotto in Calabria, quali i modus operandi, e quali i soggetti finiti nel registro degli indagati.

“Soldi, gioielli, prestazioni sessuali in cambio di favori per “aggiustare” processi in ambito penale, civile e, persino, cause tributarie. Al centro dell’inchiesta la figura di Marco Petrini, 56 anni, nato a Foligno ma residente a Lamezia Terme. Non un giudice qualsiasi ma il presidente di sezione della Corte d’Appello di Catanzaro e il presidente della Commissione provinciale tributaria. Un insospettabile “smascherato” dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Salerno che hanno coordinato la clamorosa inchiesta culminata con il suo arresto. Sono diversi i processi che Petrini sarebbe riuscito a “sistemare” o avrebbe tentato di “aggiustare” favorendo gli “amici”, gli “amici degli amici” e le sue presunte amanti. Non a caso corruzione in atti giudiziari è l’accusa che la Procura di Salerno gli contesta e per la quale è finito in carcere. Il vitalizio di Tursi Prato. Dalle carte dell’inchiesta emerge quella che gli inquirenti definiscono “una sistematica attività corruttiva” nei confronti del magistrato. Se c’era uno che si faceva corrompere, altri agivano in concorso tra di loro per corromperlo. Dall’ordinanza firmata dal gip di Salerno emerge tra questi l’ex consigliere regionale Giuseppe Tursi Prato, detto Pino, coadiuvato nel ruolo di intermediario dall’ex dipendente dell’Asp di Cosenza Emilio Santoro, detto Mario. Le indagini partono proprio da qui, dal 2018. Tursi Prato pretende il ripristino del suo assegno vitalizio regionale quale ex consigliere, studia quindi il piano per arrivare all’obiettivo e come “agganciare” il giudice Petrini. Il “tramite” per arrivarci sarebbe Emilio Santoro. “Mario – dice il magistrato parlando proprio con quest’ultimo in un colloquio intercettato – dì all’amico tuo che è amico mio che il giorno 12 si fa” ed ancora “lui la causa l’ha vinta al 1000 per 1000″”. L’amico in questione sarebbe Tursi Prato e la decisione favorevole sul suo ricorso porterebbe un’ulteriore utilità per il giudice: “un soggiorno gratuito presso una struttura alberghiera della Valle d’Aosta”. Gli incontri si susseguono come le regalie nei confronti del giudice: soldi, formaggi, gamberoni, gioielli, persino un agnello. Tutto documentato dagli investigatori fino al 6 febbraio del 2019. La causa dei Saraco. L’ex dipendente dell’Asp di Cosenza Emilio Santoro è protagonista di un altro episodio. Riguarda una causa alla quale tiene molto Francesco Saraco, avvocato del foro di Catanzaro, anche lui arrestato nell’inchiesta della Procura di Salerno. Nello studio del legale i due discutono della vicenda giudiziaria che vede coinvolto il padre Antonio Saraco. E’ il processo di Appello “Itaca Free Boat” ed è qui che entra in gioco il giudice Petrini che si offre per “sistemare” tutto. Il prezzo? Una “macchina” e “somme di denaro a cadenza mensile”. Tutto inutile, almeno in questo caso. Il tentativo fallirà ma per i magistrati salernitani è il modus operandi della combriccola “aggiusta processi”. E siccome secondo l’accusa Antonio Saraco sarebbe un affiliato della cosca di ‘ndrangheta dei “Gallace-Gallelli” di Guardavalle, al giudice viene contestata anche l’aggravante mafiosa” Marco Petrini, ha deciso adesso di collaborare, tremano politici, avvocati e colletti bianchi. Vedremo se salterà fuori definitivamente uno scenario inquietante, che alcuni avevano sospettato senza mai aver il coraggio di denunciare, e che la Procura di Salerno ha ribaltato, come un calzino.

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