Di Francesco Cirillo
Per quelli che provengono dal sud della Calabria, bisognerebbe mettere un check-point all’uscita autostradale di Falerna. Queste persone, siano esse turisti o visitatori, o anche semplici passeggeri dovrebbero essere condotti in un edificio apposito e qui aiutati a ritornare dall’altra parte del check-point, da un gruppo di psicologi. Perché bisogna sapere che chi ritorna verso l’Alto Tirreno cosentino, proveniente dalla Locride o dall’area grecanica del Reggino, avrà seri problemi di reinserimento. I sintomi sono crisi di pianto, depressione, palpitazioni, tremiti alle mani, perdita dell’ equilibrio. A Falerna, è come passare attraverso una porta del tempo, da una dimensione all’altra (ricordate Stargate ?). Da una parte la Calabria degli anni 50-60 dall’altra quella dagli anni 70 in poi. Da una parte i resti della civiltà agro pastorale dall’altra l’ inciviltà della moderna cementificazione. A Falerna appena si entra, sulla sinistra, si vede sulla spiaggia un simbolo di questa devastazione che ancora resiste e rimane a bella mostra come se fosse un monumento alla bruttezza e alla devastazione, o un avvertimento dantesco, “guai a voi anime prave…”.
Tre piani di cemento, direttamente costruito sulla spiaggia a pochi metri dal mare. Nessuno si è mai veramente interessato ad abbatterlo, e il monumento resta lì a futura memoria. Da Falerna, salendo verso nord, addentrandosi fino a Tortora si attraversa una costa popolata da 1 milione e mezzo di persone, che stazionano in questa area per circa un mese e mezzo se non di meno. Questa zona della Calabria viene conosciuta come “Riviera dei cedri” e in inverno ha 125 mila residenti.
“Riviera dei cedri”, in effetti, è una fake news, in quanto non esistono più cedri in tutta la zona, salvo che in un piccolo lembo di terreni lungo il fiume Lao e l’Abatemarco. Questi cedri sono stati distrutti proprio per far posto a questa massa di persone, e la distruzione è iniziata negli anni 70/80, con la cementificazione di tutta la costa, comprese spiagge, colline, terreni agricoli, e i cedri che resistono sono avvelenati da 42 tipi di pesticidi, per renderli lisci e poterli vendere ai rabbini. Questa Riviera, che potrebbe oggi chiamarsi “Riviera di cosa ?”, è paragonabile alla striscia di Gaza, nel periodo estivo, sia per intensità di popolazione che per l’abbandono dei luoghi.
Lungo la statale 18, circa 80 km, a destra ed a sinistra un lungo serpentone di cemento, fatto di villaggi turistici, ipermercati, alberghi, casermoni abitativi, ristoranti, discoteche, pizzerie, campeggi, aree soste di ogni genere piene di immondizia. L’assalto alle coste si vede anche dal moltiplicarsi di bivi a destra e a sinistra ed a una segnaletica improvvisata. Basta per tutti, il cartello dell’Anas nei pressi di San Nicola Arcella, che indica una Grotta Brasiliana, facendo intendere una qualche discoteca costruita in una grotta, piena di ballerine brasiliane, ma ahimè trattasi di una grotta del periodo basiliano. A San Nicola però c’è l’abitudine di occupare anche grotte e difatti, la famosa grotta del Prete, nei pressi dello splendido Arcomagno, è stata adibita da anni a bar e ristorante. Una meraviglia trasformata in oggetto turistico.
Ma qui tutto è oggetto turistico nella costa tirrenica del milione e mezzo di famelici turisti-mannari. Niente è stato rispettato. Tutto ciò che è stato possibile cementificare è stato fatto. Così abbiamo un albergone davanti la splendida Isola di Dino in area Sic, abbiamo una aviosuperficie lungo il fiume Lao in zona sic anch’essa (completamente abbandonata), un villaggio bar in area demaniale a Santa Maria del Cedro (solo da pochi giorni espropriato dal sindaco Vetere), un enorme “palestrone”trasformato recentemente in appartamenti sulla scogliera di Cirella, ipermercati che hanno azzerato colline come a Belvedere e Diamante ed una lunga striscia di cemento lato mare tutto costruito su aree demaniali.Una strage del paesaggio immensa che produce solo milioni di euro ad uno stretto giro di persone, mentre tutto il lavoro resta al nero e la disoccupazione è a livelli altissimi, mitigata solo in parte dal reddito di cittadinanza. Tutta questa striscia di cemento grava su una variante stradale della statale 18, che attraversa tutti i paesi e sulla quale convergono migliaia e migliaia di auto. Una lunga fila di auto ogni giorno si dipana da Paola a Tortora senza alcun controllo, se non quello affidato agli autovelox, con continui incidenti stradali. Avere un incidente in questa zona nel periodo estivo ed essere trasportato in uno degli ospedali della zona è davvero un rischio, peggio dell’incidente stesso. E’ più facile uscire vivo da un ospedale di Gaza dopo un bombardamento israeliano.
La notte è un caos completo. Migliaia di giovani alla ricerca dello sballo si muovono dalle discoteche di Scalea a quelle di Sangineto. E’ un viavai di auto che termina solo alle 5 del mattino. Giusto in tempo per l’inizio della mattinata per andare al mare. Alle prime luci dell’alba migliaia di villeggianti si mettono in moto per andare ad assicurarsi il proprio posto sulla battigia. Schiere di turisti mannari si riversano sulle spiagge, livellate dalle ruspe che hanno distrutto la vegetazione dunale, alla ricerca della prima fila. Dopo le 8 si è già in seconda fila, alle 9 in terza fila, alle 10 in quarta, e via di seguito fino a quando l’intera spiaggia è occupata.
Il ritorno alla sera è drammatico, di nuovo tutti in fila per passare dal primo supermercato e tornare a casa per riconquistare il parcheggio nel condominio o nelle vicinanze. Tutto questo produce tonnellate di immondizia, che nessuna ditta riesce a smaltire seguendo le linee della differenziata, per cui tutto finisce in discarica. La giornata al mare è filata liscia, ma le spiagge restano sporche, rifiuti di carta e plastica e un mare da brividi. Non c’è depuratore che tenga, non è possibile che funzionino se non vengono adeguati alla massa di villeggianti. E i liquami dei camperisti dove finiscono ? E quelli degli autospurgo che circolano liberamente da mattina a sera ? E quelli dei ristoranti nati lungo i fiumi ? Il Tirreno resta un territorio incontrollato e la questione mare pulito resta il problema di sempre, smorzato vanamente da qualche sindaco che per tranquillizzare i turisti ne beve un bicchiere a dimostrazione della sua qualità…
Dall’altra parte del check point, resiste una Calabria diversa. Vuoi per la cattiva pubblicità dovuta alla presenza delle cosche ‘ndranghetiste, vuoi per una politica diversa fatta negli anni precedenti, in quella parte della Calabria non si vedono le brutture del Tirreno. Qui il tempo sembra essersi fermato. Non c’è alcuna invasione turistica, non esistono spiagge blindate, e lungo la 106, tra uno stabilimento balneare e l’altro ci sono chilometri di spiagge libere.Caulonia, Stigliano, Riace, Camini, Monasterace, Sidernoconservano ancora oggi spiagge stupende, e ancora di più andando verso Reggio Calabria ci si abbaglia per la bellezza di panorami stupendi liberi dal cemento e da formicai umani. I paesi che si attraversano percorrendo la 106, vigilano molto sulla propria identità culturale e gastronomica. Hanno una storia millenaria e nelle feste paesane si sentono solo tarantelle e si vede gente ballare solo la tarantella calabra. Il dialetto è quello reggino che varia da paese a paese, e le influenze sono solo quelle dei territori. Paesi straordinari con centri storici come quello di Bova, di Bivongi, di Caulonia, di Riace, Monasterace, o Locri, mantengono ancora quegli antichi profumi e sapori della vecchia Calabria.I segni dell’abbandono dei centri storici sono i segni della politica calabrese, non quelli del turismo caciarone e aggressivo. La cosa è ben diversa ed è proprio da qui che potrebbe nascere il sogno di una Calabria diversa, basata su un turismo fatto di visitatori e non di mannari, rispettosi delle tradizioni locali e della gente e rispettosa dell’enorme patrimonio storico culturale che qui è presente in ogni paese. Il Museo Archeologico di Locri è un segno evidente della nostra storia e della nostra memoria spesso abbandonata. Provate, l’estate prossima, a venire da queste parti e gusterete davvero i sapori di una Calabria che purtroppo sta scomparendo.