Una volta scarcerati erano tornati a fare affari, compresa la gestione di alcuni parcheggi dell’aeroporto di Malpensa che in questi mesi è interessato da un maggior afflusso di passeggeri per la chiusura temporanea di Linate, e avevano provato anche ad infiltrarsi nella politica locale per orientare la scelta di alcune giunte del Varesotto. In 34sono finiti agli arresti (27 in carcere, 7 ai domiciliari) al termine di un’indagine dei carabinieri, coordinati dalla Dda di Milano. Avevano ricostituito la locale di ‘ndrangheta tra Legnano, nel Milanese, e Lonate Pozzolo, paese in provincia di Varese.

Le accuse e l’elezione del (ex) sindaco – Le persone arrestate in 8 province italiane, da Cosenza ad Aosta, sono accusate a vario titolo di associazione di tipo mafioso, danneggiamento seguito da incendio, estorsione, violenza privata, lesioni personali aggravate, minaccia, detenzione e porto abusivo di armi, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, truffa aggravata ai danni dello Stato e intestazione fittizia di beni, accesso abusivo a un sistema informatico o telematico. Tra gli arrestati c’è anche un consigliere comunale di Fratelli d’Italia, che guida l’amministrazione di Ferno, e gli inquirenti avanzano sospetti sull’elezione dell’ex sindaco di Lonate, Danilo Rivoltache nel 2017 è stato arrestato e ha poi patteggiato 4 anniper corruzione, la cui elezione sarebbe avvenuta anche attraverso l’appoggio della locale di ‘ndrangheta in cambio di un assessorato alla nipote del boss. 

I contrasti e la pax mafiosa –L’indagine è partita nell’aprile 2017 e ha documentato la capacità dell’associazione di infiltrarsi negli apparati istituzionali dell’area di Varese. Gli investigatori hanno avuto inoltre accertato che dalla seconda metà del 2016 era in corso un processo di ridefinizione degli assetti organizzativi della locale di ‘ndrangheta di Legnano-Lonate Pozzolo, a seguito della scarcerazionedi due boss condannati nei processi Infinito e Bad Boys e ora in contrasto tra loro. Le tensioni erano state risolte grazie all’intervento di Vincenzo Rispoli e di Giuseppe Spagnolo, al vertice della cosca Farao-Marincolache comanda nell’area di Cirò Marinae in stretto contatto con quella di Legnano-Lonate. Gli investigatori sono riusciti a documentare alcuni incontri organizzati per decidere come risolvere le controversie e assegnare territori e competenze agli affiliati.

Gli appetiti su Malpensa – Gli investigatori ritengono di aver ricostruito anche come le mani degli presunti ‘ndranghetisti fossero finite anche nella gestione del Parking Volo Malpensa e il Malpensa Car Parking, sequestrati dal gip del Tribunale di Milano Alessandra Simion assieme a metà delle quote della società Star Parkings. In totale il decreto ha consentito di sequestrare beni per un valore complessivo di 2 milioni di euro. I carabinieri sono riusciti a documentare summit criminali durante i quali, oltre alle questioni prettamente politiche, c’era anche la pianificazione imprenditoriale della cosca, i cui proventi erano investiti in parte nell’acquisto di ristoranti e di terreni per la costruzione di parcheggi poi collegati con navetteall’aeroporto.

La collaborazione dell’imprenditore – I parcheggi erano finiti nel mirino degli esponenti della locale di ‘ndrangheta dopo una “pace forzata” seguita alle scarcerazioni di elementi di peso. Gli interessi sono stati ricostruiti grazie alla collaborazione di un imprenditore che – rifiutato di fare affari con gli ‘ndranghetisti – ha registrato e consegnato ai pm tutte le telefonate. In sostanza i malavitosi avrebbero sfruttato un “consulente”, riporta il Corriere della Sera, per spingere l’uomo a rinunciare a un investimento in un terreno da adibire a parcheggio o a entrare in società con loro. “Altrimenti vado lì e scasso tutto”, diceva il gancio della ‘ndrina.

Il consigliere di Fdi agli arresti –Agli arresti è finito anche Enzo Misiano, consigliere comunale di Fdi di Ferno che – stando all’indagine – era una sorta di “trait d’union tra l’ambiente politico locale ed esponenti di spicco della cosca mafiosa”. Il versante politico dell’inchiesta è focalizzato su “pacchetti” di voti(circa 300) che dimostrerebbero per gli inquirenti la capacità di penetrazione del clan nelle amministrazioni locali di Lonate Pozzolo e Ferno grazie al “baratto” tra preferenze e “nomina di familiari e parenti a cariche politiche ed amministrative”.

Voti in cambio di un assessorato – In particolare, ci sarebbero stati contatti tra l’ex sindaco di Lonate Pozzolo, Danilo Rivolta, e alcuni esponenti della ‘ndrangheta. L’elezione di Rivolta – che con le sue dichiarazioni dopo l’arresto legato a quell’inchiesta ha dato il là all’indagine sul “sistema” di tangenti sfociato negli arresti di politici e imprenditori di Milano e Varese nello scorso maggio – sarebbe stata appoggiata da influenti famiglie calabresi che lo avrebbero aiutato in cambio di un assessorato alla nipote del boss Alfonso Murano, ucciso il 28 febbraio del 2006 a Ferno.