Per avere un posto al mercato settimanale di Vibo Valentia, gli ambulanti dovevano pagare la mazzetta al clan Lo Bianco. Parola di Andrea Mantella che, in nuovi verbali non più coperti da segreto investigativo, svela particolari del tutto inediti sul modus operandi della consorteria mafiosa che l’ha affiliato alla ‘ndrangheta a soli 16 anni, chiamando in causa anche l’ex comandante della polizia municipale Domenico Corigliano. I nuovi verbali sono stati depositati dalla Dda di Catanzaro nell’ambito dell’inchiesta denominata ‘Mbasciata che a febbraio ha portato in carcere Vincenzo Puntoriero, 65 anni, titolare di un negozio di abbigliamento a Vibo Valentia, ed Emilio Pisano, 50 anni, di Ariola di Gerocarne, quest’ultimo cognato del boss di Arena Antonio Gallace (condannato all’ergastolo per l’omicidio di Giuseppe Russo di Acquaro e poi per associazione mafiosa nell’operazione “Luce nei boschi”). Ad entrambi viene contestata l’accusa di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso ai danni di un’impresa che stava svolgendo lavori per il ripristino della conduttura fognaria a Vibo Valentia, in via Terravecchia inferiore.

Indagati a piede libero nell’inchiesta sono tre figure di spicco del clan Lo Bianco, già condannate per associazione mafiosa nell’inchiesta “Nuova Alba”: Domenico Franzone, 62 anni, detto “Chianozzo”, Carmelo D’Andrea, 61 anni, detto “Coscia d’Agneu”, e Filippo Catania, 68 anni, cognato del defunto boss Carmelo Lo Bianco, detto “Piccinni”. Nei loro confronti pende appello al Tribunale del Riesame avverso la decisione del gip distrettuale di non applicare misure cautelari.

E’ il 18 ottobre del 2016 quando il collaboratore di giustizia, Andrea Mantella, svela al pm Camillo Falvo ed ai carabinieri del Nucleo Investigativo diversi pa o

rticolari su ciò che accadeva con il mercato settimanale di Vibo ed in occasione di feste e fiere. I titolari delle bancarelle – racconta il pentito – dovevano pagare al boss Carmelo Lo Bianco, detto “Piccinni” (deceduto nel 2014 nel carcere di Parma), il “permesso” per l’occupazione del posto al mercato. Carmelo Lo Bianco era conosciuto anche con l’appellativo di “U Formaggiaru”, proprio perchè titolare di un box per la vendita di formaggio al mercato coperto nel centro di Vibo. “Era Carmelo D’Andrea, detto Coscia d’Agneiju – racconta Mantella – a raccogliere i soldi ogni sabato dalle bancarelle. Lo mandava Carmelo Lo Bianco e praticamente ogni sabato aveva il compito, o quando c’erano le fiere lì a Vibo, di farsi il giro per conto della famiglia Lo Bianco e raccogliere i soldi, 100, 200mila lire. Era d’accordo pure il comandante dei vigili Corigliano, al quale Carmelo Lo Bianco diceva: “Tu fammi avere sto posto, cinque metri di bancarella, sei metri di bancarella”. E lui – racconta Mantella – gli faceva avere le autorizzazioni. Il commerciante diceva: “Basta che ho tale posto a quel punto clou con la mia bancarella e io ogni mercato ti verso 200-300mila lire”. E così lui faceva e si prendeva il posto. Ero ragazzino io e il sabato pure io prendevo i soldi. Adesso non funzionava più questo escamotage – spiega il collaboratore – ma sino al 1993 era così la situazione. Nel 1993 io sono poi finito in carcere”. Il riferimento di Mantella è all’arresto subito insieme a Francesco Scrugli il 30 novembre del 1992 per l’omicidio di Nando Manco ed il ferimento del fratello Michele all’interno del loro maneggio ubicato nei pressi del castello di Vibo (fatto di sangue per il quale Andrea Mantella e Scrugli – accusati di aver sparato per non pagare quanto richiestogli dai Manco per aver tenuto un cavallo nel loro maneggio – sono stati condannati a 12 anni di reclusione).

Per delineare le figure dei tre esponenti del clan Lo Bianco indagati a piede libero nell’operazione ‘Mbasciata vengono quindi svelati per la prima volta alcuni particolari in ordine all’affiliazione alla ‘ndrangheta di Andrea Mantella, avvenuta all’età di 16 anni dopo aver già commesso due omicidi. La “cerimonia” si sarebbe svolta in un locale di contrada Silica alla presenza di circa 15 persone “dove Carmelo Lo Bianco era il capo-società a Vibo Valentia mentre altre cariche importanti – ricorda Andrea Mantella – avevano Enzo Barba, Raffaele Franzè detto Lo Svizzero, Francesco Michele Patania, Carmelo D’Andrea ed altri”. Dopo alcune azioni delittuose e fatti di sangue commessi da Andrea Mantella, la decisione dello stesso di rivolgersi al cognato Antonio Franzè per entrare a far parte della ‘ndrangheta. Pur sconsigliato dallo stesso, sarebbe però stato indirizzato a rivolgersi a Carmelo Lo Bianco, detto Piccinni. “Mi rivolsi così a zio Carmelo Lo Bianco e gli dissi – ricorda Mantella – che volevo un fiore. Eh, Eh, si mise a ridere Carmelo Lo Bianco e mi disse: A muschitiello, un fiore vuoi? E sai che fai? Vai a parlare con lo Svizzero, Raffaele Franzè, che all’epoca era il contabile, io non ti ho detto niente”. Un ruolo, quello di “contabile” del clan Lo Bianco che, secondo Mantella, negli ultimi anni sarebbe poi stato ricoperto da Enzo Barba, detto “Il Musichiere”. Dopo la richiesta di un “fiore” da parte di Mantella, cioè della possibilità di entrare a far parte della ‘ndrangheta, la cerimonia di affiliazione con il conferimento del grado di “picciotto” alla presenza, fra gli altri, oltre che di Carmelo Lo Bianco e Raffaele Franzè, pure di “Filippo Catania e Francesco Fortuna, detto Ciccio Pomodoro”. Siamo nel 1988 e di lì a pochi mesi – settembre 1988 – Francesco Fortuna, ritenuto al vertice del clan insieme all’allora 56enne Carmelo Lo Bianco, verrà ucciso in un agguato a Pizzo Calabro. Un delitto “eccellente” nella ridefinizione degli equilibri mafiosi in provincia di Vibo ad oggi rimasto impunito (nonostante la confessione resa dal pentito Pasqualino D’Elia) ma che potrebbe presto essere riletto anche alla luce delle conoscenze di Andrea Mantella.

fonte il Vibonese
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