Di Maria Lombardo
Niente ancora di ufficiale ma il Vibonese tutto attende con trepidazione di sapere le scelte fatte da Emanuele Mancuso.Se non ha ancora il “timbro” dell’ufficialità poco ci manca. Pochi giorni fa si è svolto un processo con rito abbreviato per l’inchiesta sullo spaccio di droga nelle Preserre vibonesi condotta dai carabinieri del Norm di Serra San Bruno con il coordinamento del pm Filomena Aliberti e scattata nel giugno dello scorso anno. E fra gli imputati vi è, Emanuele Mancuso che ha revocato il proprio difensore di fiducia per nominare i legali di uno studio che solitamente assiste collaboratori e testimoni di giustizia. Nei confronti di Emanuele Mancuso il pm Aliberti ha chiesto la condanna a 2 anni e 10 mesi, più 7mila euro di multa per il reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente. La richiesta di pena è già scontata di un terzo per via della scelta di un processo con rito abbreviato. Secondo l’accusa, Emanuele Mancuso avrebbe acquistato o ricevuto sostanza stupefacente. Attualmente cio che si sa che il giovane non è più recluso nel carcere di Reggio Calabria dove era stato portato lo scorso mese di marzo, dopo l’arresto avvenuto alla stazione ferroviaria di Villa San Giovanni nell’ambito dell’operazione “Nemea” contro il clan Soriano di Filandari. Da circa un mese Emanuele Mancuso non avrebbe più contatti con i suoi familiari e neanche con i suoi legali di fiducia, gli avvocati storici ai quali si è sempre rivolto negli ultimi anni per farsi difendere dalle accuse mosse nei suoi confronti. Si dice sia stato trasferito a Paliano, il carcere in provincia di Frosinone dove, tra l’altro, c’è un’apposita sezione per i collaboratori di giustizia. E qui Emanuele Mancuso sarebbe arrivato dopo un breve soggiorno a Rebibbia e i primi colloqui investigativi con i vertici del poule antimafia catanzarese e, in particolare, con i carabinieri ai quali Gratteri ha delegato le principali inchieste sulla ‘ndrangheta nel Vibonese.